IncontriStoria

Responsabilità sociale nel medioevo

Gli eremi di Montecorona e Fonte Avellana

L’abbazia di Montecorona rappresenta una presenza storica e culturale millenaria nel territorio di Umbertide e nella valle del Tevere in Umbria. Le sue mura indicano un grande passato, in parte silenzioso, in parte tornato a nuova vita. L’abbazia ebbe un grande ruolo nello sviluppo del territorio. Ad essa fu collegato più tardi  anche un eremo i cui monaci furono protagonisti di molte  vicende della comunità.

Il Comune di Umbertide ha inteso ridare attenzione a questa storia, costituendo un Comitato scientifico per approfondire le vicende storiche, le persone, la spiritualità, i santi e gli influssi sociali ed economici. Montecorona da un millennio è una presenza costante. La presentazione di un cammino fra Umbria e Marche sarà oggetto di un convegno il 23 giugno 2022. Il percorso porterà da Montecorona a Fonte Avellana nelle Marche. Sarà edito dalla Editore Monti e si potrà fare a piedi o in bicicletta. Sono indicate in dettaglio le tappe e I luoghi di ristoro e riposo. Oltre alla Regione Umbria, parteciperà il vice-presidente della Regione Marche, Mirco Carloni.

Oltre al cammino sarà presentata la vicenda storica dei collegamenti fra li eremi camaldolesi e I territori circostani che ebbero notevoli benefici dalla loro presenza. Sembra strano che degli ermi, dove la vocazione contemplativa portava all’isolamento, potessero incidere così profondamente nei territori che entravano nella loro proprietà. Il tutto però si capisce meglio vedendo quali principi applicasse San Pier Damiani, priore di Fonte Avellana, nella gestione dei rapporti con gli affittuari.[1] Il santo affermava che la spiritualità e la temporalità sono congiunte, dunque la gestione economica non poteva prescindere dai principi cristiani. Affermava poi che Il progresso collettivo si raggiunge solo con il benessere del singolo e della sua famiglia. La attenzione alla famiglia dimostra l’attenzione alle comunità e non solo al singolo lavoratore: Un altro punto era che  la terra, unica fonte di reddito in quella società, ha una funzione sociale e deve essere sfruttata per trarne il maggior utile possibile. Il bene doveva essere utilizzato in maniera efficiente e questo era sostenuto favorendo la innovazione agraria. Inoltre il Damiani affermava cheIl reddito della terra deve essere distribuito equamente tra le varie classi sociali ed il superfluo del ricco deve essere destinato a sostegno dei poveri, degli orfani e degli inabili al lavoro. Come si nota, si trattava di una concezione della gestione dei beni che favoriva sia la redditività dei terreni , sia un’ottica di uso sociale dei beni e dei redditi in una sorta di welfare medievale che l’eremo promuoveva attivamente.


[1] Sant’Albertino ed il suo tempo; Centro studi avellaniti, 1994, p. 340.

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